martedì 9 aprile 2013

Islanda: pre-partenza


Se c'è un posto che probabilmente non scorderò mai è sicuramente l'Islanda.

21 Giugno 2012: sessione di esami estiva conclusa al meglio e finalmente, con la testa più vuota che libera, si può pensare a quello che mi piace di più.
L'idea del tipo di viaggio che avrei voluto intraprendere quell'estate era l'unica cosa che mi riempiva la testa in quel momento. Dopo aver visto un film come Into the wild (2007, Sean Penn) è difficile non rimanerne folgorati.
Una storia vera: Alexandre Supertramp, ragazzo Californiano, decide di lasciare tutto e partire per raggiungere la Natura più selvaggia in Alaska (se non l'avete visto ve lo consiglio vivamente MyMovies IMDb).
Bene, l'idea era quella di immergersi nella Natura il più possibile restando in zona. Come prima scelta ci fu la Norvegia, che con i suoi maestosi fiordi si estende per non so quanti (ma tanti) chilometri in lunghezza fino a Capo Nord.

In compagnia del buon Lorenzo iniziammo ad informarci sui prezzi e la tipologia di viaggio da intraprendere, pensammo di arrivare in aereo ad Oslo e poi muoverci in treno fino a Capo Nord, ma cercando su internet scoprimmo 5 cose:
1) non esisteva volo diretto per nessuna città norvegese;
2) non esisteva un rete ferroviaria che ci permettesse di raggiungere le mete che ci interessavano;
3) i voli costavano tantissimo;
4) i mezzi pubblici costava ancora di più;
5) non saremmo potuti arrivare a Capo Nord.

Sfiduciatissimi decidemmo di passare e di vedere qualche meta un po' più alla portata.
Carlo D. sicuramente ricorderà il giorno in cui lo chiamammo dicendogli che avevamo deciso di andare a Barcellona. Naturalmente andare a Barcellona era economico ma non rappresentava nemmeno lontanamente quello che avremmo voluto fare quell'estate!
Volevamo immergerci in un'avventura alla into the wild e non andare per discoteche e robe del genere!
Lui ci minacciò, dicendo che piuttosto si sarebbe buttato dal balcone o che avrebbe smesso di fumare; preoccupati per le minacce, scartammo anche l'idea catalana e tornammo a considerare la luuunga Norvegia.

La svolta arriva un pomeriggio a cavallo fra Giugno e Luglio, quando il latitante Lorenzo mi chiama. 
Prima di dirvi che cosa mi disse, vi spiego perchè latitante: dovete sapere che il caro amico Lorenzo è famoso per le sue latitanze giustificate da dure sessioni di studio (riguardo quest'ultima parte, ancora oggi, tutti sono dubbiosi) e quindi lo si vede un giorno sì ed un mese no.
 Tornando a noi, il telefono squilla: Lorenzo, chissà che cazzo stava facendo, mi dice "perchè non provi a vedere se ci sono voli per l'Islanda??". Non permettendogli nemmeno di concludere la frase, mi precipitai su Skyscanner, sito che compara tutte le tratte offerte dalle varie compagnie aeree, sul quale è risaputo che io smanetti dalle 30 alle 40 volte al giorno facendomi mille viaggi e programmi che 1 volta su 100 si realizzano.
Piccola parentesi: quando uso skyscanner vedo solamente quali siano le tratte considerate dalle agenzie, poi di solito cerco di prenotare direttamente sul sito della compagnia aerea per risparmiare qualcosa.
Il risultato fu questo: c'erano voli per l'Islanda, precisamente per Keflavik, nel quale si trova l'unico aeroporto internazionale; problema, bisognava fare 2 scali con diverse compagnie, anche se i prezzi non erano disastrosi, anzi, erano più o meno gli stessi della Norvegia.. 
 
ma fermatevi un momento.. ci siamo scordati una cosa ..ma cosa c'è in realtà in ISLANDA??????
Molti, e vi assicuro che non sono pochi, confondono l'Islanda con l'Irlanda, ma vabbè, nessuno studia geografia a scuola quindi si è perdonati: ma noi, che avevamo preso in considerazione di andarci, forse avremmo dovuto documentarci un po'.

Fu così che mi innamorai.

Su internet esistono molti siti che offrono itinerari guidati (Viaggio_In_Islanda e Islanda.it sono i primi due che mi vengono in mente), da qui si può prendere spunto per creare il proprio itinerario: ci si può muovere con i pullman che percorrono tutta la costa in senso orario/antiorario, oppure affittare una macchina; economicamente non c'è differenza, ma la macchina è sicuramente l'opzione migliore, in quanto permette di non essere vincolati da orari e, sopratutto, di andare dove si vuole!

Consultando i vari siti internet è facile trovare immagini dell'Islanda, sembrano tutte saltate fuori da film di folletti diretti dal nostro Luigi, o robe del genere, ma fidatevi, gente, che quello che c'è lì si presenta davvero in quel modo, è tutto troppo magico! Ma andiamo con ordine, di questo parleremo dopo...

Dovevamo prenotare l'aereo, e viste le varie tratte decidemmo di andare alla nostra agenzia di fiducia a Trani (CTS, via Mario Pagano 183, li trovate anche su facebook CTS Agenzia Viaggi ), nella quale avemmo una piacevole sorpresa: infatti scoprimmo che Alitalia, per le tratte nazionali, applicava tariffe davvero vantaggiose per gli studenti e con la nostra ISIC card - fatta sempre all'agenzia - potemmo godere di questi sconti.
Avevamo prenotato in 4: io (Carlo L.), Lorenzo e Carlo D&Donato (che sarebbero diventate le Giovani Marmitte durante questo viaggio); il nostro Luigi, invece, si era già organizzato per un'escursione al Cern di Ginevra dove lo attendevano per trovare la particella di Dio.

Ormai eravamo dentro. Bisognava solo partire!
 
Carlo L.

sabato 6 aprile 2013

mercoledì 3 aprile 2013

Conclusione

Quando leggevo, prima di partire, la guida, i diari di viaggio e gli innumerevoli siti del turismo della zona, leggevo di una Bretagna selvaggia, dove la natura ti fa dimenticare la città. Bene, oggi per concludere questo viaggio abbiamo deciso di farlo nel migliore dei modi, c'è un posto dimenticato dall'uomo si chiama Pointe du Raz.
Prima di andare a cercare su google le immagini di questo fantastico posto, o vedere le foto che alla fine di questo post inseriremo noi, aspettate un attimo.
Vi ci voglio portare io.
Con l'immaginazione.


L'immagine era questa.
Sopra di noi, nel cielo c'era il sole, ma era coperto da delle nuvole che non so come definire esattamente. Non erano le nuvole grigie da temporale, ma lasciavano passare la luce del sole creando un grigio tendente al bianco.
Nel cielo le più variopinte specie di uccelli creavano archi con i loro brevi voli per andare a ripararsi nei nidi distribuiti per tutta la scogliera.
Il vento, come per tutto il viaggio, non si è fatto pregare, e puntualmente era li ad accompagnarci fino alla fine.
La temperatura si era alzata ma l'onnipresente compagno di viaggio vento annullava quel "calore" che non posso che mettere fra virgolette per chi ci legge dal soleggiato sud Italia!

Sotto di noi. Pensate a quelle scogliere alte 70 m dove solo a guardare giù ti vengono i brividi.
La pietre li incastrate da chissà quanti anni che combaciano perfettamente, e alcune che sembrano dover franare da un secondo all'altro.
Grigio e nero che si confondono l'uno con l'altro e un sentiero che per noi non è sufficiente. Si perché quei cartelli che dicono "d'ora in poi sono cazzi vostri" sono per noi un invito indeclinabile.

E poi infine c'e lui. Il mio preferito. Blu come non mai, non lascia intravedere cosa c'è al suo interno creando inevitabilmente attorno a se un alone di mistero e un po' di angoscia. Si infrange continuamente contro il pezzo di terra sotto i nostri piedi che da l'impressione di poter cedere in qualunque momento alla sua infinita maestosità.

Ci siamo solo noi quattro, c'è un silenzio assordante, le onde si infrangono ripetutamente contro gli scogli e gli uccelli svolazzano qua e la preparandosi alla notte. Alle nostre spalle con lo sguardo speranzoso rivolto verso l'orizzonte e con le braccia protese per salvare un naufrago, una statua della Notre dame des Naufrages, a ricordare che l'uomo è troppo piccolo per poter affrontare la forza dell'oceano.

A sfidare l'oceano ad Est un faro del 1600circa si erge dal mare accompagnato da un altro più giovane del XIX sec.
Lo spettacolo che si è presentato ai nostri occhi non è facilmente descrivibile e per quanto possa cercare le parole giuste credo che difficilmente mi avvicinerò mai a descrivere le sensazioni che si provano.

Concludere un viaggio in queste due splendide regioni con questa tappa probabilmente è il miglior modo per farlo. Andando via in macchina ci si guarda intorno ma è difficile parlare. La natura più selvaggia lascia qualcosa dentro, un misto di felicità e malinconia, si è felici perché si è assistito ad un magnifico spettacolo gratuito, e si è malinconici allo stesso tempo perché ci si rende conto di quanto si è impotenti al cospetto della Natura.

Torniamo a casa ancora una volta felici, perché un viaggio (come lo interpretiamo noi) non sarà mai solo divertimento, ma sempre una perfetta combinazione di nuove esperienze che aggiungeremo per sempre nel nostro personalissimo bagaglio.. in compagnia del nostro
amato tricolore da sbandierare per il mondo!
Au revoir Bretagne,
au revoir Normandie!

Carlo L.



lunedì 1 aprile 2013

Giorno 6

Come da buoni propositi e come promesso, ci siamo svegliati alle 8. Bene.

Ieri sera avevamo modificato il programma del viaggio, per motivi che comunicheremo successivamente, e oggi abbiamo davvero molta strada da fare.

In ogni caso, per le nove siamo già diretti verso Vannes. Una volta arrivati, subito rimaniamo estasiati per la bellezza del posto: palazzi in stile medievale, una bella vista sul mare ed una leggera brezzolina che accapponava la pelle, finché non ci siamo accorti, a causa dei numerosi parcheggi liberi, che qualcosa non quadrava... mancavano le persone!
Splendida casupola di Vannes
Rapiti dagli alieni, gli abitanti di Vannes erano inesistenti; l'unica forma di vita apprezzabile era data da un grazioso mercato al coperto nel centro storico, nel quale ci siamo concessi due caffè e, sentendoci in diritto, abbiamo utilizzato il tavolino per prepararci baguette da mezzo metro per il pranzo.

Megaliti di Carnac. Notare l'assoluta maestosità del monumento.



Fra palazzi e persone (italiani, gli unici vivi) ci siamo diretti verso i famosi megaliti di Carnac. Queste pietre, famose per essere della preistoria, ma soprattutto tante, non sono più alte di un puffo e ci hanno intrattenuto per molto poco tempo.








Spiaggia di Quibernon


All'una circa ci siamo ricordati che oggi è pasquetta: per non sentirci a nostra volta alienati dal mondo, abbiamo voluto celebrare l'evento sdraiandoci su una splendida spiaggia di Quibernon, affacciata sull'Atlantico, prendendo una bella oretta di sole e osservando gente che si divertiva a correre su kart a vela.





Ora ci stiamo dirigendo verso Pointe di raz, scogliera di 70 metri dalla quale speriamo di poter osservare il miglior tramonto possibile. Famosa inoltre per la sua assenza totale di wifi in ogni antro del luogo, è il motivo per il quale stiamo aggiornando ora.


Per il momento, i globetrotters salutano e ringraziano!

Au revoir!


domenica 31 marzo 2013

Giorno 5

Appena svegli, guardando l'orologio, abbiamo subito pensato di essere in orario..... maledetta ora legale!
In ritardo, dopo aver cercato invano di buttare Luigi giù dal balcone, abbiamo provato a farlo scivolare nella doccia, ma non se l'è fatta... perché, ad onor del vero, se l'era fatta ieri sera. Peccato!

Colazione ipocalorica
Tipica e consueta boulangerie per colazione a Dol de Bretagne, nella quale abbiamo mangiato del burro a forma di cornetto, e siamo partiti alla volta di Saint Malo.
Qui, dopo aver comprato i tipici biscotti al burro bretone (perché sì, noi teniamo alla linea), abbiamo girovagato per la città, la quale offre un bel giro panoramico sulle alte mura che circondano il centro storico: e, poco dopo, eccoci arrivati sulla tomba di François-René de Chateaubriand, sulla quale Carlo D. avrebbe voluto sputare per ovvi traumi scolastici. 

Rischiando di essere portati via dal vento, noi giovani marmotte abbiamo deciso di dirigerci verso Cancal, spinti da fame e povertà.
Cancal ci ha sorpreso più del previsto. Credevamo non valesse neanche la pena visitarla, e sinceramente ci siamo giunti per fame più che per altro, ma è stata davvero una sosta gradita.

Piccola cittadina sull'oceano, famosa per le sue ostriche a prezzi stracciati, ha allietato la nostra mattinata.
Pranzo tipico di Cancal. Notare le folkloristiche patatine fritte.
Non abbiamo perso occasione per sentirci dei giovani rampolli e tra ostriche, cozze, gamberi ed una spettacolare vista sull'oceano abbiamo superato incolumi l'ora di pranzo, riuscendo comunque a mantenere i nostri standard da barboni pagando circa 10€ a testa, tranne Luigi che, giustamente, ha deciso proprio oggi di offrire il caffè a tutti noi, non sapendo che costassero più della dozzina di ostriche (ottima alternativa all'agnello pasquale, a dire il vero, che dopo vent'anni era diventato troppo da tradizionalisti).
Come ogni post-pranzo domenicale Carlo D. e Donato speravano nella consueta pennichella che, ovviamente... non c'è stata.
Breve sosta panoramica a Point du Grouin e poi, sulle note di Vasco, ci siamo spostati a Dinan, cittadina medievale piena di saliscendi dal clima mistico la quale ci ha provocato molta emozione e molto, molto acido lattico. Trascorse un paio d'ore tra vicoli e stradine ci siamo fermati davanti ad un'issa che aspettava soltanto che 4 giovani italiani l'adornassero con il tricolore più bello del mondo.




Carlo D. e Donato, agili quanto Diabolik ed Eva Kant, nel brevissimo arco di 20 minuti, con le mani ormai atrofizzate e tanti Francesi che si ricordavano ancora di Italia-Francia (guardandoci male e chiedendoci apertamente se stessimo realmente sciogliendo la fune sulla cima di questo baluardo), sono riusciti a compiere l'impresa. Classica foto enfatizzata dal fatto che sia stata scattata da un francese nazionalista. W l'Italia!

Cibi nella lista nera.
Percorrendo le antiche e ripidissime stradine medievali della città ci siamo imbattuti in una folkloristica creperia bretone. Qui il tutto merita una piccola parentesi: mentre Luigi ha apertamente scelto di mangiare un gelato ai gusti tricolori, scordandosi dei due gradi all'esterno, gli altri tre hanno provato la specialità del luogo! Una crêpes burro e zucchero con un succo di sidro di mele: gustandole a pieno, inclusi i delicati retrogusti, i tre hanno avuto serie difficoltà a decretare quale delle due vivande fosse più oscena e zuccherosa. Per la cronaca, a pari merito sono le cose da annotare nella lista nera dei viaggi.

All'ultimo istante ci rendiamo conto che, per quanto l'ora legale ci avesse fregato di mattina, al momento avevamo un'ora di sole in più! E il tramonto, oggi, era veramente memorabile, di quelli che capitano una volta nella vita.
Chiediamo quale fosse il luogo più vicino/migliore per il tramonto: a 26 km, Dinard, in 15 minuti. Rispettando rigorosamente i limiti di velocità, siamo arrivati in tempo, c'era ancora luce! Peccato che antipatici palazzi bianchi coprissero il tutto. Un peccato davvero.

Ora siamo già a letto: domattina sveglia alle 6 per una giornata intensissima!

Bonne nuit

Carlo D. & Donato









sabato 30 marzo 2013

Giorno 4

Ci siamo svegliati presto.
Stop, la giornata sarebbe completa anche solo per questa cosa!
A parte gli scherzi, siamo subito partiti verso Le Mont Saint Michel: per la strada ci siamo fermati ad una boulangerie dove abbiamo fatto una colazione da diabete (croissant, pain au chocolat e baguette appena sfornate!); nell'ora e mezza di viaggio abbiamo deciso di trascorrere tutta la giornata nella nostra ultima tappa normanna poiché, davvero, merita!

Peccato per la giornata nuvolosa e con nebbia, perché solo a 10 km di distanza siamo riusciti a scorgere l'imponente abbazia sulla cima del monte.
Era uno spettacolo quasi spettrale: la nebbiolina avvolgeva prepotentemente Mont Saint Michel, dando l'impressione che fosse un isolotto fluttuante nell'aria; il deserto umido tutto attorno si estendeva a perdita d'occhio, e pensare che da li alle 19.00 quell'enorme distesa di terra bagnata avrebbe fatto la fine di Atlantide, sommersa dalle dirompenti acque che si sarebbero innalzate di 15 metri per le maree, rendeva il tutto ancora più misterioso ed interessante.
In tutto questo, noi cantavamo come dei rincoglioniti in macchina, per donare importanza al momento mistico.

Una volta scoperto che il parcheggio costava un occhio della testa, parcheggiamo e, piano piano, ci avviamo verso il monte: ammettendo le nostre limitate prestanza fisiche, dopo poco abbiamo preso la navetta (gratis), nella quale abbiamo fatto compagnia ad arzille signore osservando gli altri giovani farsi tutto il tragitto a piedi.

Passiamo ai numerosi dati tecnici: Mont Saint Michel é... bella.

A parte gli scherzi, ci siamo calati in un perfetto stile medievale, e dopo aver combattuto con spade di legno vendute negli innumerevoli e nauseanti negozi di souvenir, esplorato vicoli magici e tentato di far processare Luigi per metterlo al rogo, siamo entrati nell'abbazia: caratteristica peculiare dell'abbazia é il poter conservare cibi, date le sue temperature artiche; dopo aver superato persone ibernate (ed essere passati per una stanza teoricamente vuota ma riempita da souvenir del luogo), siamo finalmente giunti, fra uno spiffero e l'altro, nel punto più alto, dove abbiamo ammirato il panorama mozzafiato.

Spiraglio di speranza: sole. In realtà avevamo seriamente pensato di andarcene prima, dato che Carlo L non aveva più le mani, Carlo D era in estasi mistica, Donato sfumacchiava sulla cima dell'abbazia e Luigi saltellava meno del solito poiché la sua polvere di Fata era finita.
Questa occasione non potevamo perderla: per il nuvolo e la nebbia pensavamo di non poter ammirare al meglio le "furiose avanzate delle onde, quasi fossero cavalli al galoppo".



Good bye Normandy!





venerdì 29 marzo 2013

Giorno 3

L'addicted di internet Carlo L, autistico in presenza di un wifi, ha fatto incominciare il 29/03 nel migliore dei modi. Parlava su Skype alle 2.15 di notte e nel monolocale 2x3 metri non si dormiva. Terminata la chiamata, Carlo D. ci ha allietati con le sue sinfonie neomelodiche. Insomma, tutto rientrava nella normalità.

Suona la sveglia. Come tutte le brave giovani marmotte, appena sentita la sveglia... l'abbiamo posticipata e ci siamo rimessi a dormire -tranne Luigi, ovviamente, poiché non ha sentito neanche la seconda-.
Bellamente in ritardo, una volta svegli, freschi di sonno riposante, abbiamo voluto vedere i palazzi a schiera di Honfleur di mattina: li avevamo notati la sera prima ma, per i loro meravigliosi colori sgargianti, avevamo deciso di vederli alla luce del sole che in Normandia, puntualmente, non c'è mai. E difatti, nella penombra del nostro nuvolone di Fantozzi, cerchiamo al freddo un posto per prendere un caffè.

Tralasciando il fatto che in Normandia non è nemmeno facile trovare posti per bere caffè, partiamo alla volta della Normandy American Cemetery and Memorial.

Momento serietà.
Si, può sembrare strano, ma con noi c'è anche la serietà: verso le spiagge del D-Day, ove è ambientato il film Salvate il Soldato Ryan, abbiamo cupamente assistito ad un tetro ma toccante scenario, coronato dalla ventosa e scura giornata: le spiagge ove ebbe luogo lo sbarco in Normandia, con monumenti ed epitaffi che siglavano il cruento passo storico, ed in più il maestoso cimitero dato ad uso perpetuo dalla Francia all'America... Ma una domanda che ci assillava alla fine del culturale e profondo cammino fra lapidi dei valorosi soldati, era: "ma che cazzo di fine ha fatto il soldato Ryan??"

Uscendo dal Memorial approdiamo alla vicina Omaha Beach, nella quale, dalla lunga spiaggia, si ergeva imponente un maestoso monumento ai caduti.

Poco dopo ci siamo allegramente diretti al Pointe du Hoc: li 225 (power) rangers americani scalarono 30 metri di montagne per dare il benservito ai tedeschi, piazzati nei bunker. In questo posto, tra l'altro, c'erano millemila crateri causati da bombe/cannonate durante la guerra, mai coperti per permettere a noi giovani fanciulli odierni di capire che il mondo non è come Call of Duty, ma la guerra c'è stata davvero.

Ultima tappa è stata Arromanches: dopo aver notato il porto per i rifornimenti militari, abbiamo esaurito la riserva serietà e abbiamo iniziato a vedere dal finestrino della macchina cani con padroni che ci passeggiavano accanto: compreso che stavamo valicando le storiche spiagge sabbiose della guerra con la macchina, lasciando solchi che non si abbinavano proprio perfettamente con l'ambiente, abbiamo capito che, sulla spiaggia, con la macchina, non si può andare! Testa bassa, siamo tornati sull'asfalto con sguardi penetranti addosso e tanta, tanta sabbia!

La giornata era stata vissuta intensamente ed eravamo anche un po' provati perché, alle lezioni di Storia al Liceo, vediamo questi eventi come robe da studiare, non da capire: e viverli fa comprendere quanto si sia fortunati, al giorno d'oggi. In ogni caso, nonostante tutto, abbiamo tirato fuori l'ultima goccia di energia per vedere... un tappeto. Ok, abbiamo riso anche noi all'inizio, ma in realtà questo "tappeto" è famosissimo: custodito in un museo di Bayeux, patrimonio dell'Unesco, l'arazzo di Bayeux è lungo sessantotto metri ed è stato fatto a mano! I due Carli hanno avuto l'onore di camminare per tutti questi 68 metri. Luigi e Donato, pigri, sono rimasti fuori al freddo e al gelo: a quanto pare sono allergici agli arazzi!


Domani ci aspetta la perla di tutta la Normandia: Mont Saint Michel.

Au revoir!










 
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